DAD e didattica della vicinanza

Le attività di didattica a distanza, come ogni attività didattica, per essere tali, prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Qualsiasi sia il mezzo attraverso cui la didattica si esercita, non cambiano il fine e i principi.

Nella consapevolezza che nulla può sostituire appieno ciò che avviene, in presenza, in una classe, si tratta pur sempre di dare vita a un “ambiente di apprendimento”, per quanto inconsueto nella percezione e nell’esperienza comuni, da creare, alimentare, abitare, rimodulare di volta in volta

(Nota Ministero dell’Istruzione n. 388 del 17 marzo 2020)

Con il termine “didattica a distanza” si intende l’insieme dell’attività didattiche svolte non in presenza e, quindi, senza la compresenza di docenti e studenti nello stesso spazio fisico. Si può esprimere con diversi metodi, strumenti e approcci, alcuni dei quali digitali, cioè mediati attraverso un device tecnologico tipo il computer, il tablet, il cellulare e, spesso, la rete Internet.

Il ministero, considerato il prolungarsi dell’emergenza sanitaria, invita le scuole a promuovere la didattica a distanza, che, come già detto, può comportare l’utilizzo di ambienti di apprendimento digitali, da usare con consapevolezza e con attenzione costante all’età dei bambini/ragazzi e al contesto.

La didattica a distanza, tuttavia, non si esaurisce nell’uso di una piattaforma di istituto (per noi Weschool e G-suite for Education), ma si esprime attraverso l’uso di tecnologie plurime: alcune più moderne e digitali (e le vedremo nelle sezioni dedicate agli ordini di scuola), altre più tradizionali e consolidate (il telefono, la lettera, la scrittura sul quaderno, il gioco con materiali, il disegno su carta o tela).

Didattica a distanza non esiste, noi crediamo, senza la sua necessaria premessa, compagnia, conseguenza: la “didattica della vicinanza”. La didattica della vicinanza allarga l’orizzonte educativo, si nutre di comportamenti di attenzione e di cura e affonda le sue radici nella scelta inclusiva della scuola italiana.

Didattica della vicinanza è ricercare modi e tempi affinché chi è più distante o ha meno tecnologie o tempo familiare a disposizione sia comunque con noi, a volte con modalità diverse, ma con noi. Didattica della vicinanza è perciò incoraggiamento; restituzione delle attività con una valutazione formativa (più che sommativa), che sappia di attenzione ai processi di apprendimento e di crescita; recupero della dimensione relazionale della didattica; accompagnamento e supporto emotivo. Didattica della vicinanza è anche condivisione di strategie e materiali con i colleghi e le colleghe; è spazi comuni per progettare insieme attraverso chat, mail Weschool live e Meet; è disponibilità a rendere pubblici alcuni nuovi spunti didattici affinché altri ne possano fruire; è aderire a iniziative che ci interroghino sul senso umano del nostro agire come persone di scuola (es. Una poesia al giorno, gli arcobaleni nei balconi; altri segni che verranno…).

Didattica della vicinanza è il coltivare le relazioni con le famiglie, cercando, per quanto possibile, di innescare un circolo virtuoso solidale tra le famiglie e un filo comunicativo di senso tra noi e le famiglie.

Un altro aspetto importante del nostro agire lo ritroviamo nel concetto di “misura”. Misura nelle proposte, nel modo di comunicare, nell’uso della parola e dello sguardo. La misura non è un freno nei confronti del (possibile) traboccare delle emozioni. Lo abbiamo visto nelle videoconferenze attivate coi genitori e studenti: c’è emozione nel ritrovarsi, soprattutto quando i bimbi sono più piccoli ed è facile intercettare emozioni di bimba/o, di mamma, di papà, di docente, soprattutto nell’infanzia.

Con “misura” qui intendiamo l’equilibrio tra le nostre proposte e l’età dei nostri bambini/ragazzi. Con “misura” intendiamo anche la necessità di condividere metodi e strumenti a livello di consiglio di classe (secondaria), di team di classe e interclasse (primaria), di plesso e di ordine di scuola (infanzia). Con misura intendiamo evitare un eccesso di carico e, insieme, un difetto di attenzione e di presenza. Con misura intendiamo anche il rispetto delle condizioni soggettive delle famiglie e, in taluni casi, del loro dolore, delle loro attese, delle loro difficoltà, che a volte non conosciamo o conosciamo in modo relativo. In talune situazioni, occorrerà entrare “in punta dei piedi” ponendoci in profondo ascolto, pronti a cogliere aperture o disponibilità; in altre potrà bastare un cenno, una telefonata, un “whatsapp” ai genitori per riprendere un dialogo che attende solo di (ri)venire alla luce. In qualche caso (speriamo pochi), probabilmente, non riusciremo a trovare risposta, malgrado i tentativi. Sarà, allora, il tempo dell’attesa, della pazienza; può essere che la famiglia abbia erto, o sia stata costretta a erigere, una barriera o protezione alla comunicazione.

Crediamo che dobbiamo rispettare anche questo, se pur senza dimenticare, se possibile, di riprovare, con tatto. Con delicatezza.